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Tèchne


Il Centro Tèchne fu fondato a Firenze nel 1969, su iniziativa di Eugenio Miccini, come spazio autogestito da artisti, poeti e architetti a termine dell’esperienza del Gruppo 70. Il Centro, oltre a promuovere la cultura d’avanguardia sia da un punto di vista artistico, che letterario che, infine, teatrale, si propose pure come polo editoriale, ed acquisì in poco tempo una notevole importanza per quanto concerne l’evoluzione e lo sviluppo della poesia visiva in Italia, rappresentando, insieme a «Lotta Poetica», una sorta di organo ufficiale per gli artisti verbo-visivi. Come spiega Bianca Garinei già nel n. 1, quindi, il Centro Tèchne nacque «semplicemente come indicazione/esercizio di un modo di esistenza//di una possibile comunità//che ha scelto l’operazione estetica//come mezzo di comunicazione/////come tutte le cose che nascono/non possiamo prevederne lo sviluppo//né come avverrà la sua crescita/////sarà anche una maniera di verificare il significato pratico (o ipotetico) – nel contesto della nostra società – di un’azione estetica effettivamente contemporanea/anche a livello esistenziale/////non violenza quindi/se violenza non significa questa grande ambizione (o illusione)/di indicare ed esperire uno spazio di possibile convivenza». Alla base dell’attività editoriale del Centro Tèchne sta la rivista omonima, 19 numeri a periodicità irregolare (1969-1976), oltre ai molti quaderni ed inserti ad essa allegati (oltre cinquanta). La rivista, realizzata in ciclostile sul modello di “Geiger”, era strutturata come un’antologia. La curatela di Eugenio Miccini e la presenza di ben quattro redazioni, ovvero Firenze (con Pier Luigi Tazzi, Egidio Mucci e Gianni Broi), Bologna (con Gregorio Scalise), Taranto (con Michele Perfetti), Milano (con Ugo Carrega e Antonio Kemeny) e Roma (con Annamaria Gaggio), garantivano il monitoraggio e l’inclusione di moltissimi contributi artistici e teorici provenienti da tutto il mondo. La rivista si pose da subito come strumento di «contestazione del “decoro” borghese», con una vigile attenzione al contesto storico-politico, oltre che artistico, assecondando quindi la linea di uno “sperimentalismo impegnato”, come scrive Giovan Battista Nazzaro nel primo numero: «lo sperimentalismo fine a se stesso è, perciò, formalismo che alimenta il vizio borghese dell’arte. Neghiamo che la pratica narcisistica della soggettività, come campo di eventi sperimentabile sul piano del linguaggio, possa garantire la libertà dell’operatore nei confronti del sistema. Soltanto la comunicazione dà oggettività al messaggio e, quindi, consapevolezza all’artista di intervenire efficacemente nelle linee di forza del sistema. Comunicazione non è, tuttavia, popolarità né acquiescenza; essa si estrinseca come messaggio attivo che lega, attraverso la prassi operativa, il fruitore con l’operatore». Il formato della rivista è 34x25 cm, fatta eccezione per gli ultimi due numeri, che furono stampati in formato ridotto 22x16 cm. La copertina di ogni numero riporta a parola “tèchne” in greco e differisce per il colore di fondo. L’attività del centro non era affiancata unicamente dalla rivista ma anche dalla collana editoriale «Quaderni di Tèchne». Nata nel 1968 e attiva fino al 1982, la collana comprendeva libri d’artista, testi teorici e raccolte di poesia pubblicati come supplemento alla rivista, e poi in modo autonomo dopo la chiusura di questa. I volumi usciti, sono stati tutti realizzati con tecniche di stampa povere e distribuiti con una modalità alternativa e underground, infatti per Eugenio Miccini Tèchne rappresentava uno strumento per opporsi al potere dell'industria editoriale. Si segnalano la prima pubblicazione Definizione di violenza di Giusi Coppini con testo di Eugenio Miccini, del 1968, e poi, tra gli altri, oltre Ex Rebus (1970) e Il senso comune (1979) di Miccini, Estremamente variabile di Luciano Ori (1970), L’uomo in carne di Michele Perfetti (1971) e Note sulla poesia visiva di Rossana Apicella di Sarenco (1972).

[Federico Fastelli, Giulia Mattolini]