Salutz, I. Cinque incisioni di Enrico Baj per dieci poesie di Giovanni Giudici
1986
La cartella comprende un nucleo di dieci poesie di Giovanni Giudici, oltre alle cinque acqueforti e acquetinte di Enrico Baj che ne costituiscono il supporto fisico per la stampa.
Sul retro del frontespizio, una Nota di Giudici chiarisce le occasioni di queste poesie, relativamente ai testi qui proposti e all’intero impianto dell’omonima raccolta di versi appena licenziata presso Einaudi: «La sera del 7 marzo 1983 mi trovavo a Padova, ospite di Gianfranco Folena. Dopo la cena in trattoria e una breve passeggiata per le strade fredde e nebbiose, rientrammo a casa e, per una qualche ragione che sfugge adesso alla mia memoria, Folena portò il discorso sulla “lettera epica” che il poeta Raimbaut de Vaqueiras aveva scritto nel 1205, mentre si trovava a Salonicco con Bonifacio di Monferrato, al cui servizio aveva trascorso gran parte della vita. Raimbaut era nato intorno al 1155 e sarebbe morto nel 1207. La “lettera epica” (che forse soltanto in senso lato può rientrare nel genere trobadorico, prevalentemente amoroso detto salutz) è dunque una specie di consuntivo, a cui la prematura morte del poeta avrebbe poi conferito un valore quasi pre-testamentario, anche se Raimbaut si limita qui a una garbata ma ferma richiesta per i servigi resi al Marchese. Folena me ne disse a memoria i primi versi, con una voce che mi sembrò percorsa da un’affettuosa melanconia. La mattina dopo proseguii il mio viaggio per Trieste, dove ebbi l’onore di leggere un discorso nel centenario della nascita di Umberto Saba. Però l’idea di scrivere anch’io un mio salutz era intanto maturata nella mia mente: non mi restava che attendere il momento, il modo e lo stimolo, ben sapendo che, in poesia, l’eccesso d’intenzione è, di solito, una pessima guida. Il mio salutz dovevo scriverlo, insomma, non per ambizione, ma per inderogabile necessità mia, privata, personale (come probabilmente era avvenuto per Raimbaut quando, nella pausa d’una guerra bizantina, aveva scritto al suo Signore la “lettera”). È stato così che le dieci sezioni di quattordici versi ciascuna, di cui esso (in questa prima parte) si compone, sono state da me scritte, sia pure anche sulla base di passati appunti, tra il sabato 18 e il venerdì 24 febbraio dell’anno dopo. Minne (= Amore: in un’accezione, credo, anche un po’ stilnovistica), Midons (con accento sulla seconda sillaba, mi raccomando: come Salutz) e Domna sono termini, come si sa, d’estrazione letteraria, derivanti il primo dalla convenzione dei Minnesänger tedeschi e gli altri due dall’area provenzale. Di Midons (termine, del resto, riesumato anche da Ezra Pound) devo dire che la più recente suggestione me ne era venuta dalla sua presenza in una poesia (ancora inedita) dell’amico Cosimo Ortesta. Ce que vous vouldrez, della sesta sezione, fu un motto di Jean Le Meingre detto Boucicaut (c. 1366-1421), “uno dei più puri campioni del tardo ideale cavalleresco” (Huizinga). Nella sezione settima, il riferimento all’Incostanza di Giotto non vorrebbe essere concettuale, ma appena figurativo. Bílá Hora, della sezione nona, è in cèco la Montagna Bianca, luogo (come si sa) di una famosa battaglia nel 1620: qui ha un valore quasi soltanto affabulatorio, pur non volendosi dimenticare che per la nazione boema quella disastrosa sconfitta significò la perdita dell’indipendenza per tre secoli».
Colophon:
«Edizione di centoventicinque esemplari numerati da I a XXVI e da 1 a 99. Le incisioni all’acquaforte e acquatinta sono state tirate su carta Arches coi torchi di Giorgio Upiglio. Le poesie sono state impresse su carta India incollata alle incisioni. Milano, Dicembre 1986».
L'esemplare consultato è il n. 31 ed è conservato presso il Fondo d'Artista della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (F.A.BAJE.D.1).
Descrizione fisica:
Cartella con risvolti color rosa antico
[6] c. sciolte
Dimensioni: 35x45 cm.
Si indicano di seguito i testi e le opere presenti nel volume secondo l'ordine di pubblicazione:
Giovanni Giudici, Nota
Giovanni Giudici, 1. Minne Midons … – 2. Maestra di enigmi …; su Enrico Baj, incisione all’acquaforte e acquatinta su carta (s.t.)
Giovanni Giudici, 3. Graffiate … – 4. Non creder l’incredibile …; su Enrico Baj, incisione all’acquaforte e acquatinta su carta (s.t.)
Giovanni Giudici, 5. Mi trattaste da cane … – 6. Domna – ce que vous vouldrez …; su Enrico Baj, incisione all’acquaforte e acquatinta su carta (s.t.)
Giovanni Giudici, 7. Minne – mia binarietà … – 8. Signore mio mio Dio …; su Enrico Baj, incisione all’acquaforte e acquatinta su carta (s.t.)
Giovanni Giudici, 9. Midons – palla-al-piede … – 10. E schiùditi – giuscio di seta …; su Enrico Baj, incisione all’acquaforte e acquatinta su carta (s.t.)
Le poesie di Giovanni Giudici sono state pubblicate per la prima volta in Salutz. 1984-1986, Torino, Einaudi, «Supercoralli», 1986, e ora sono consultabili in G. Giudici, I versi della vita, a cura di Rodolfo Zucco, con un saggio introduttivo di Carlo Ossola, cronologia a cura di Carlo Di Alesio, Milano, Mondadori, «i Meridiani», 2000.
Le opere di Enrico Baj sono numerate e firmate dall'artista.
[Marco Corsi]